No alla caccia alle streghe!

PER LA LIBERAZIONE DALL’OPPRESSIONE DI GENERE

In Italia la commistione tra crisi del sistema economico, reazione berlusconiana e peso preponderante del Vaticano ha rafforzato ulteriormente l’aggressione alla condizione femminile.
Mai come oggi è necessaria una presa di posizione forte contro i comportamenti lesivi della dignità delle donne: dalle insegne pubblicitarie ai gravissimi casi di molestie sessuali, dallo sfruttamento del lavoro domestico alla violenza nascosta tra i muri di casa.

Tutto ciò è chiaramente sintomo di una società in decadenza in cui si propagandano modelli di vita indegni dell’essere umano.
Tuttavia sbaglia chi ancora una volta cerca di separare la condizione delle donne dalla lotta politica: infatti essa non è che il prodotto culturale di una volontà politica, ed è perciò ben misera soluzione quella dell’agire unicamente sulle singole coscienze.
Molte donne ignorano il nesso tra le proprie condizioni e la società in cui viviamo.
In questi giorni non si sente parlare che di una “questione etica” legata ad una carica pubblica; tutti gridano vergogna per il Paese agli occhi dell’occidente “civile”: non una voce si è levata dal coro dicendo che non sono le prostitute la causa di questo clima squallido, ma al contrario è proprio la società in cui viviamo a renderti schiavo.
Certo, qualcuno dirà che la escort la fai per scelta e non perché costretta dalla fame, ma si sa, riuscire a comprare un orologio di marca piuttosto che un paio di occhiali griffati è oggi fondamentale ed è molto più semplice accondiscendere a tali e tante “nevrosi” vendendo il proprio corpo piuttosto che con la fatica del proprio lavoro.
Piuttosto si deve dire chiaramente che questo modello di vita è lo stesso che nutre le televisioni, lo sport, il lavoro, la vita familiare, trasversalmente.
Non è un problema legato a Berlusconi, non scomparirà con lui.
Non sono certo le disposizioni sulle “pari opportunità” delle leggi elettorali ad essere femministe, o meglio antisessiste, non è certo l’uomo a dover decidere quando, dove e come una donna può ricoprire un ruolo “decisionale”.
È chiaro che i tagli alla spesa sociale rappresentano inevitabilmente il primo elemento di peggioramento dei carichi del lavoro di cura, ma non va di certo meglio sul fronte delle politiche lavorative: con l’introduzione dei contratti atipici oggi molte donne, già sottopagate rispetto ai colleghi maschi, sono costrette a dimettersi, se non già licenziate, nel momento stesso in cui esercitano il proprio diritto ad essere madri.
E che dire sulla messa in discussione della legge 194 e della continua violazione dei diritti umani nei confronti della moltitudine di donne migranti rese ancor più vulnerabili dalla propria condizione di precarietà!
È indispensabile inserire le lotte di genere all’interno di quelle al sistema dominante, come già avvenuto negli anni ’60 – ’70 quando con le rivendicazioni sessuali, in totale comunanza di intenti con le lotte operaie, si ottenne sopra ogni altra cosa la riforma del diritto di famiglia e quindi  l’uguaglianza per legge dell’uomo e della donna al suo interno.
E non è un caso che proprio oggi, in piena crisi economica, ancora una volta, siano le donne e i più deboli a rimetterci più di tutti.
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