Quale città?

babel_righttothecity_5La necessità di un conflitto sociale metropolitano che si concretizzi attraverso l’occupazione di immobili, la resistenza agli sfratti e la riappropriazione di spazi urbani risponde a due fondamentali rivendicazioni.
Una riguarda il diritto all’abitare: il problema dell’emergenza abitativa esiste e coinvolge, nella nostra città al momento circa 20.000 nuclei familiari in attesa di una casa e le vittime dei 1600 sfratti per I quali è stata data procedure esecutiva. Solo negli ultimi giorni di gennaio si sono verificati una media di 5 sfratti al giorno. Si prevede in oltre che nel 2013 46.000 famiglie non riusciranno a pagare il mutuo. Questa e “l’austerity” che riguarda l’abitare, politiche selvagge di smantellamento di un sistema di welfare gia precario che usa “l’emergenza crisi” per farne gravare i costi sulle spalle delle fasce deboli della società, in favore di pochi. Basti pensare che la proprietà immobiliare è concentrata nel 5% della popolazione mentre il 90% degli sfratti avviene per “morosità incolpevole” (dovuti cioè a reddito insufficiente).
L’altra rivendicazione in atto riguarda il diritto alla città: lo spazio urbano così come si è conformato in anni di gestione neoliberista del territrio si affida alla logica degli immobiliaristi e soddisfa l’esclusiva esigenza del consumo privato, privilegia egoismo e segregazione invece che contatto e comunanza. Così il mercato di strada diventa via via meno attraente e “sicuro” del centro commerciale, il quartiere universitario si trasforma in campus chiuso e la vita di città diventa una struttura a due livelli, con I ricchi chiusi in territori protetti e I poveri cacciati dai centri storici ed confinati nei ghetti o nelle squallide baraccopoli periferiche. Oltre alle case è lo spazio pubblico ad essere negato, la concezione stessa di luogo collettivo ha subito un cambiamento radicale, diventando esclusivamente luogo del consumo sempre più orientato al controllo dei fruitori che alle sue caratteristiche fisiche. Le città sono disseminate di telecamere “amiche” collegate alle forze di polizia, pubblica o privata.
Villa Lieto De Luca a Capodimonte, l’ANM e Villa Medusa finalmente restituite alla collettività rappresentano dei “blocchi” significativi perché edifici emblematici delle trasformazioni urbane in atto. Esempi di come le esigenze economiche siano solo un pretesto per mettere in atto una precisa strategia politica di privatizzazione. Infatti Dopo aver speso 100 mila euro di fondi pubblici per una parziale ristrutturazione, ed essere stata abbandonata per anni Villa De Luca è stata messa in Svendita per la cifra 2,5 milioni, mentre Villa Medusa compare alla ridicola cifra di 5 milioni di euro.
La progressiva accelerazione delle politiche di privatizzazione del “cosiddetto” Bene Comune ha portato ad un processo di svendita tanto dei servizi essenziali (quali ospedali, trasporti, scuole, acqua, ecc.) tanto del patrimonio immobiliare pubblico,che anni di mala politica hanno ridotto in stato di abbandono e degrado.
E’ così che gli spazi abbandonati, dimenticati da tutti, non possono essere visti come mere risorse economiche a cui attingere in tempo di crisi finanziaria, bensì rappresentano una possibilità di sviluppo, di cambiamento, possiedono un valore intrinseco, capace di modificare il tessuto urbano che li circonda, offrire dei servizi e delle risposte ad interi quartieri, sia che si tratti dei giganteschi dormitori di periferia sia che si tratti delle aree storiche ad altissima densità dove uno spazio vuoto acquista un potenziale inestimabile ; valore che quindi deve essere messo a servizio della collettività e non gettato nella fogna del “mercato libero” appannaggio dei vari speculatori di turno.
Appoggiamo e siamo solidali con i percorsi che, dal basso, in maniera autorganizzata , stanno portando avanti queste esperienze di riappropriazione, di pronta risposta alle politiche nazionali di svendita del patrimonio immobiliare.

 

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